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Millennials e il lavoro del futuro

Ultimamente sul web non si sente parlare che di Millennials e lavoro del futuro. Questo argomento è molto interessante non perchè sia sulla bocca di tutti ma per la riflessione che ne scaturisce.

Ho cercato di raccogliere più informazioni possibili per farmi un’opinione in merito, opinione che condivido con voi.

Da qui al 2020 verranno persi circa 5 milioni di posti di lavoro nelle principali economie, questo grazie ai robot che ci sostituiranno. Non è fantasia è realtà e a dirlo è il World Economic Forum.

Il centro del futuro dove si concentrano le ricerche e i miliardi delle startup è il cervello: il centro dell’intelligenza artificiale.

Facciamo qualeche ESEMPIO.

Le macchine della Tesla e di Google ma anche camion che si guidano da soli o, meglio, che si guida grazie al software e alle telecamere esterne. La Mercedes Daimler ci sta lavorando da due anni, ma gli ingegneri contano di metterlo sulle strade entro il 2027.

La IPsoft è una società americana che ha lavorato per circa 15 anni alla creazione di Amelia, un’assistente virtuale davvero strabiliante. Conosce centinaia di lingue, risponde alle email 24h su 24, è efficiente, non si ammala mai e sorride sempre. Amelia impara tutto e subito: il suo cervello è fatto da una rete semantica, capace di immagazzinare informazioni e dare risposte. Questa assistente è già stata acquistata da numerose società italiane., una fra tutte: Accenture.

Lo scenario futuro? In Italia circa 2 milioni e mezzo di persone lavorano come: segretarie, addetti call center, agenti assicurativi, addetti all’assistenza clienti…ecco , questo significa che già solo in questo settore sono a rischio concreto moltissimi posti di lavoro.

Se pensate che i settori lavorativi che sono interessati da questa  4° rivoluzione industriale sono pochi vi sbagliate. Negli Stati Uniti a Palo Alto un Ingegnere Italiano ha sviluppato un software capace di fornire consulenza nel campo legale. Parlo di consulenza legale ad alto livello, con contratti “impossibili” pieni di cavilli. Questo software attraverso un algoritmo è capace di analizzare centinaia e centinaia di pagine e fornire una consulenza personalizzata in pochissimo tempo. Questo grazie ai milioni di dati e “casi” a cui può accedere il sistema.

Nei laboratori IBM è stato sviluppato Watson, l’algoritmo che aiuterà la scienza medicale, per il tumore della pelle. Attraverso un iphone e un computer si osservano le immagini della pelle e si stabilisce se c’è un tumore o meno, con un margine di errore del 95%.

Lo stesso vale per gli avvocati, i consulenti finanziari. Questi software sono capaci di analizzare milioni di dati, di confrontarli e di fornire una consulenza completa con margini di errori bassissimi.

Parliamo di Giornalismo. Emma è un software speializzato in Economia ed è capace di redigere articoli su questo argomento. Non c’è differenza tra un suo articolo e quelli di un giornalista. Sicuramente non parlo del giornalismo di punta, ma della fascia medio bassa, la “manovalanza”. Da qui ai prossimi 5 anni questo software verrà utilizzato dalle redazioni e di conseguenza cancellerà posti di lavoro.

Di fatto anche chi programma e lavora con i computer non è al sicuro perchè questi robot sono del tipo: “Learning from observation”, imparano osservando noi umani. Quindi non occorerà più programmare queste macchine, o comunque serviranno sempre meno risorse umane.

Durante l’ultimo World Economic Forum svoltosi a Davos si è proprio parlato di 4° rivoluzione industriale non come ipotesi ma come fatto concreto. Fin qui lo scenario sembra davvero apocalittico e la politica sembra completamente ignirare l’argomento. Quello che sorprende è che proprio dalla Silicon Valley americata arriva l’allarme. Natalie Foster è una delle fondatrici di una delle piattaforme di job sharing più grandi al mondo. Chi meglio di loro può avere una visione “reale” del futuro del mondo del lavoro? Milioni di posti di lavoro soprattutto nell’ambito della fornitura di servizi è destinato a scomparire.

Parliamo di soluzioni.

Da tempo si parle di Reddito di base ed è esattamente in questa direzione che bisogna andare e a sostenerlo sono i migliri economisti al mondo. Un convinto sostenitore del Reddito è l’economista inglese Guy Standing che ha analizzato tutti gli esperimenti di reddito di base in diverse parti del mondo. Quando parlo di reddito di base intendo un cotributo economico che serva a soddisfare i bisogni fondamentali di un individuo. Mangiare, avere una casa, accesso a internet. Standing ha osservato che molte delle persone a cui per 6 mesi è stato concesso questo reddito non hanno lasciato il proprio lavoro ma hanno svolto lo stesso con efficienza maggiore. Altri hanno cominciato a dedicarsi al prossimo o a tutti quei lavori che spesso non vengono retribuiti come occuparsi dell’ambiente.

Dove troviamo i soldi?

Secondo alcuni visto che le Multinazionali sono i maggiori “distruttori” di posti di lavoro dovrebbero essere proprio loro a sostenere questa iniziativa. I vantaggi fiscali delle multinazionali devono finire nel reddito minimo di base, per non lasciare nessuno indietro, per redistribuire la ricchezza.

In Svizzzera è stato lanciato qualche mese fa un referendum in merito al reddito di Base e il 23% della popolazione era favorevole. Nella piazza centrale di Ginevra è comparsa un manifesto con questa domanda: “Cosa faresti se avessi un reddito di base?”.

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Nel mese di Agosto sul Sundey Times è uscito un articolo molto interessante che parla proprio del futuro del mondo del lavoro. A scriverlo è il professor Yuval Noah Harari. Il professore Yuval Noah Harari è l’autore del best-seller internazionale “Sapiens: breve storia dell’umanità”, tradotto in circa una trentina di lingue attraverso il mondo. Tornando all’articolo lui parla di “Tecno religioni”, ovvero i colossi tecnologigci che essendo connessi con noi 24 ore su 24 avranno un enorme potere sulla massa. Per quanto riguarda il lavoro il professore sostiene che molti dei lavori attuali verranno eseguiti grazie all’aiuto di algoritmi sempre più sofisticati.

Quindi noi e il nostro non lavoro che fine facciamo?

Andremo a far parte della “classe sociale” come la definisce Harari, cioè senza lavoro e senza ruolo sociale. Da contro ci sarà un ristretto numero di persone che farà parte dell’Elite Cognitiva, che avrà a disposizione super algoritmi non accessibili alla massa.

Vi suggerisco di leggere questo articolo davvero interessante in cui il Professor David Deming della Harvard University individua le possibili caratteristiche che i lavoratori del fututo dovrebbero avere.

In uno scenario come questo non posso non parlare di Millennials, ovvero chi cerca lavoro nell’era del web.

Hanno tra i 16 e 36 anni, vogliono lavorare, ma quelli che hanno occupazione non sono per niente soddisfatti. I Millennials, la generazione di nativi digitali, abituata a muoversi sul web, sta pagando pesantemente la crisi e le difficoltà del mondo del lavoro.

A Bologna, durante la manifestazione Exposanità (18-21 maggio; Bologna Fiere), il Rusan (Centro per il monitoraggio e il miglioramento della qualità del Capitale Umano, nelle Aziende Sanitarie e Sociosanitarie www.rusan.org), ha presentato i risultati della ricerca Millennials e mondo del lavoro.

I dati.

L’Italia è in ritardo rispetto all’occupazione dei giovani nelle aziende in altri Paesi (solo il 22% degli occupati sono millennials contro il 29% di UK). E i giovani occupati sembrano non essere per niente soddisfatti del loro lavoro (il 29% di loro è scontento dell’attuale lavoro; il 44% è scontento della retribuzione inadeguata, 2 su 3 programmano di cambiare lavoro). Non è una generazione rassegnata. I giovani sono assetati di apprendimento, vogliono crescere velocemente, ricercano un feedback continuo dai propri superiori, sono mobili e pronti a muoversi (il 61% è disponibile ad espatriare ed il 7% lo farà già nel 2016), accettano lavori anche di qualifica più bassa o non retribuiti pur di potere entrare nel mondo del lavoro (25% di loro), ricercano organizzazioni in sintonia con i propri valori, sono evoluti tecnologicamente e desiderosi di dare subito un contributo importante.

Cosa cercano in un lavoro?

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Tra le spinte principali,

  • crescita personale (17%)
  • Seguono i risultati (16%)
  • l’aspetto economico (15%)
  • la sicurezza del lavoro (14%)

Quello che manca davvero è un ambiente all’altezza delle loro aspettative, in grado di formare e valorizzare questo prezioso Capitale Umano.

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