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Morte di Danton di Büchner

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Come sapete amo il teatro e recentemente ho assistito ad uno spettacolo intenso, bello, vivo. Morte di Danton di Büchner. Il teatro è uno dei miei preferiti, ero al Piccolo. Ogni rappresentazione in quel teatro assume sfumature inedite, ti senti avvolto dai suoni, dalle parole.

Morte di Danton descrive l’atmosfera degli ultimi giorni del Terrore, la caduta di Georges Jacques Danton nel 1794 e l’antagonismo che lo contrappone a Maximilien Robespierre. Il discorso drammatico è concentrato sulla contrapposizione tra i due alfieri della Rivoluzione francese, compagni prima e avversari in seguito, entrambi destinati alla ghigliottina a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Danton non crede alla necessità del Terrore e difende una visione del mondo liberale e tollerante, anche se consapevole dei limiti dell’azione rivoluzionaria; il suo antagonista invece incarna la linea giacobina, stoica, intransigente, furiosa.

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Perchè vedere questo spettacolo?

Mario Martone ricrea un allestimento imponente e suggestivo, i sipari fluttuano nell’aria a scandiscono il ritmo. I mobili accarezzano l’iconografia d’epoca. Dedica una cura minuziosa alla ricostruzione storica, persino dei fucili dei soldati e dei forconi utilizzati dal popolo in rivolta, con un’attenzione ai dettagli, come le coccarde tricolori e i berretti frigi, simboli della rivoluzione francese.

Dirige 30 attori, 20 tecnici tra luci, suono ed effetti speciali. I costumi in scena sono 70 e sono realizzati da Ursula Patzak. Martone rivela le sue abilità di cineasta e infatti ci sono ben 32 cambi scena, gli attori non rimangono fissi sul palco, ma entrano ed escono da un affresco storico intenso e sentito. Comico e tragico si alternano con ritmo incalzante e lo spettatore è partecipe, durante il processo a Danton la platea è parte dello spettacolo diventando popolo. Il rapporto tra poesia e spettacolo è molto stretto, ritroviamo molti elementi scespiriani in Morte di Danton.

Danton, interpretato da uno strepitoso Giuseppe Battiston posta in scena la stanchezza, la disillusione e anche la corruzione di un uomo vive la vita godendone appieno. Se vogliamo Danton rappresenta il lato umano. Gli si contrappone Paolo Pierobon nel ruolo di Robespierre che è stato una meraviglia per gli occhi. Preciso, forte e vivo sul palco ha saputo rendere magnificamente la moralità di Robespierre. Vuole un bene, ma un bene assoluto, da raggiungere a tutti i costi, arrivando a mettere le basi di quel fanatismo politico brutalmente attuale. Per Robespierre l’idea principe è quella di raddrizzare gli uomini a suon di legge e teste tagliate, idea che poi verrà brutalmente messa in atto durante lo spettacolo. Mi ha molto emozionata Denis Fasolo quando mostra Camille Desmoulins, deputato degli Stati Generali che si separa dal figlio e dalla moglie Lucille caratterizzata con determinazione da Irene Petris.

Lo spettacolo dura tre ore e per tre ore lo spettatore è dentro alla storia, ne è partecipe e soprattutto riflette. La vicenda si svolge attraverso dense e complesse riflessioni sulle modalità di guidare il popolo alla rivolta, ma emerge anche come esso cambi rapidamente idea, manipolato dal fanatismo in un periodo di scontro culturale e religioso, anche oggi così attuale.

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