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Steve Mccurry. Oltre lo Sguardo

Tempo fa vi ho raccontato la mia personale esperienza guardando gli scatti di Sensational Umbria, la mostra di Steve McCurry allestita la scorsa primavera a Perugia. Seguo e inseguo la sguardo di questo fotografo da molto tempo e oggi ho avuto la fortuna di recarmi alla Reggia di Monza dove è allestita la sua ultima mostra: “Oltre lo sguardo” (dal 30 ottobre al 6 aprile 2015).

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Quello che colpisce della mostra è il pacifico coabitare di antico e moderno, l’equilibrio perfetto delle immagini sospese in spazi in cui il tempo sembra essersi fermato. La prima immagine che ti accoglie grande e maestosa è quella di un uomo anziano della tribù Rabari. Una sorta di mago, una figura che a detta dello stesso fotografo sta scomparendo. Il suo volto in qualche modo rappresenta l’essenza della mostra. Prima McCurry metteva in primo piano il volto umano adesso va alla ricerca di una dimensione quasi metafisica della spazio e dell’umanità che lo attraversa. Passeggiando per le sale della Villa Reale ci si immerge in uno spazio non spazio e le parole di McCurry sono la colonna sonora che accompagna il visitatore. Il fotografo è famoso per le sue “massime”. Quella che mi ha colpita di più è questa: «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te».

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L’allestimento è stato disegnato da Peter Bottazzi, che ha rivisitato gli spazi per accogliere   150 fotografie di grande formato. La mostra è curata da Biba Giacchetti e dallo stesso Bottazzi, La produzione e l’organizzazione sono invece di Cultura Domani, la società costituita da Civita e da Italiana Costruzioni. 

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Vi invito a godervi il viaggio come ho fatto io, non servono parole per descrivere i suoi scatti, occorre sentire. Questo è quello che a mio avviso distingue un fotografo da Steve McCurry, i suoi scatti provocano emozioni perchè lui ha fatto della sua vita un flusso continuo di emozioni.

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“Sono alla ricerca del momento di passaggio, quello in cui l’immagine rivela una tensione. Quando i soggetti umani sono in qualche modo rilassati. Se si stanno muovendo, voglio che la fotografia esprima un senso di movimento, che non sia statica. Voglio catturare il modo in cui le persone si muovono, o il modo in cui assumono questa o quella posizione, le infinite varianti del processo. Voglio qualcosa che sia il più possibile naturale e reale e autentico. A volte scatto anche più di 50 fotografie della stessa scena”.

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 “Non voglio complicarmi la vita, non amo portare dietro troppe cose e preferisco giocare con la luce e l’ambiente in cui mi trovo a fotografare, utilizzando soprattutto la luce naturale che regala alle cose una dimensione unica”

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“il bianco e nero va sicuramente bene, e in generale tutto dipende dalle situazioni, però c’è da dire una cosa: la vita è a colori e per questo la scelta del colore mi sembra più logica, molto naturale. Attraverso il colore restituisco la vita come appare, le cose hanno un’anima colorata”

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Ho imparato che l’ironia è universale. Tu ti esprimi con i gesti, mimi qualche azione e la gente ride. È molto semplice usare l’umorismo per creare un legame con le persone, in qualunque cultura. Si crea una particolare alchimia, che può svilupparsi anche molto rapidamente. Non per forza servono ore, è più che altro una questione di fiducia che deve essere instaurata e della convinzione che si farà qualcosa di buono”.

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